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MANDURIA CENTRO CULTURALE GS - GIULIA SELVAGGI

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Foto della locandina

Presentazione libro MANDURIA IN IMMAGINI 11/11/2007

Foto presentazione

Filmato intervista

Filmato intervento

Cartoline

Intervento
Giulia Selvaggi

Intervento
Glauco Ferrante

Intervento
Ilaria Pecoraro

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INTERVENTO DI ILARIA PECORARO

ARCHITETTURA MANDURIANA: FRA SPOLIA E PRODUZIONE DI ETA’ MODERNA Fotografare un monumento è come aprire il sipario sul palcoscenico di un territorio, urbanizzato o rurale che sia. In quel frangente le opere architettoniche diventano testimonianza materiale, avente valore di civiltà. In silenzio, hic et nunc, la fotografia cattura la valenza estetica di un’opera architettonica, privilegiando criticamente ora l’uno ora l’altro particolare punto di vista. In tal modo la fotografia fissa sulla pellicola, analogica o digitale che sia, quel momento storico e quella specifica epifania dell’immagine: l’aspetto con il quale l’opera artistica si manifesta all’occhio dell’osservatore, attraverso l’elaborazione o la rielaborazione di una materia prima: la pietra, la tela o il legno. Quest’operazione è il frutto di una valutazione estremamente critico-selettiva, in cui, attraverso la macchina fotografica, si descrivono gli aspetti estetici e materiali, cromatici e formali, oltre che tipologici e quantitativi di un manufatto, con l’intento di testimoniare la produzione artistica di quel momento storico in uno specifico contesto geografico. Ma la sua funzione non si esaurisce solo in questo. La muta ripresa fotografica diviene testimonianza preziosissima per la storia della cultura di un popolo e, al contempo, strumento di comunicazione non verbale ma visiva e di conoscenza della produzione architettonica monumentale. Questo mezzo di conoscenza si fa anche strumento di comunicazione, perché consente all’osservatore distratto e superficiale di guardare oltre i contorni degli oggetti e di cogliere quei caratteri formali e sostanziali che si celano dietro un puttino lavorato a bassorilievo o una colonna scanalata o al di là degli spolia di cui la città di Manduria è ricchissima. L’opera d’arte, nella sua duplice valenza storica ed estetica, trova nella fotografia modi nuovi e al contempo antichi di espressione e di trasmissione di un messaggio culturale in senso lato. Inoltre, aiuta l’osservatore, lo studioso come l’uomo comune, a riflettere sui suoi contenuti, in quanto consente a più riprese e nel tempo di tornare a osservare l’immagine rappresentata. Infine, la fotografia si fa testimonianza dello stato di conservazione di un manufatto in un preciso momento storico e, pertanto, diviene strumento attraverso il quale compiere attività di monitoraggio diagnostico per valutare lo stato di salute dell’opera d’arte stessa. A tal proposito, la pubblicazione di Giulia Selvaggi è il risultato condensato di tutti questi pensieri, che non vengono espressi verbalmente, ma che, sottesi nel titolo del testo e dei suoi paragrafi, invoglia il lettore-osservatore, a soffermarsi sul contenuto materiale di quanto ripreso, a recarsi di persona dinanzi l’opera architettonica ivi rappresentata, per assaporarne dal vivo la testimonianza di civiltà e di storia di cui i monumenti di Manduria si fanno portavoce. 2/2 Questa terra, oggetto di un personale e recente studio sull’uso degli spolia in età moderna, pare sia sorta e si sia sviluppata adottando il criterio della sedimentazione stratificata nei secoli di differenti linguaggi culturali e artistici, che hanno impiegato materiale antico per edificare monumenti moderni. Ci si riferisce, ad esempio, al caso emblematico caratterizzante la Collegiata di Manduria, che riusa i due leoni normanni nella nuova facciata cinquecentesca, così come avviene contemporaneamente nella vicina Oria dinanzi all’ingresso del palazzo vescovile. L’opera compiuta da Giulia Selvaggi nel 2007 per il centro storico di Manduria, mi sembra richiamare alla memoria quanto avvenne nel lontano 1960 ad opera del famoso attore leccese Carmelo Bene, allorquando, per la prima volta egli intitola “Barocco Leccese” il suo cortometraggio, presentato ad un concorso nazionale a Roma. Questo termine, oggi entrato a far parte della letteratura specialistica, è stato fino a ieri ignorato o caricato di valenze negative dai critici e dagli storici di fama nazionale. Come Carmelo Bene ha il merito di aver per la prima volta ‘acceso i riflettori’ sulle bellezze architettoniche e artistiche leccesi, a tal punto da invogliare critici e storici d’arte oltre che teorici del restauro come Cesare Brandi a recarsi in Lecce negli anni sessanta del XX secolo e a osservare dal vivo le meraviglie ivi presenti, allo stesso modo oggi Giulia Selvaggi consegna alla collettività manduriana questa raccolta di splendide riprese fotografiche. L’obiettivo di questo lavoro è a mio avviso quello di promuovere e di far fiorire nuove sensibilità nei confronti della conoscenza del patrimonio culturale di cui Manduria è ricca e, di riflesso, nei confronti delle problematiche connesse alla sua conservazione e alla sua tutela. Infatti, non si deve trascurare che non è possibile conservare un oggetto ‘di arte e di storia’, né tramandarlo alle future generazioni, se, ignorandone l’esistenza, non vi si riconosca in esso un intrinseco valore storico ed estetico. Ci si auspica che il testo di Giulia Selvaggi, unico e originale, possa promuovere una profonda riflessione sul valore dei beni architettonici manduriani, al fine di attivare processi integrati di progettazione, votati al minimo intervento, con il supporto di politiche di fruizione e di gestione compatibili con la preesistenza, oltre che rispettose del valore storico ed estetico di cui ogni monumento è sempre un insigne portavoce.

 Ilaria Pecoraro nata a Ostuni (BR) è architetto. Specialista in restauro di monumenti architettonici. Docente in storia delle tecniche costruttive e principi di conservazione all'Università <<La Sapienza>> di Roma. Docente in restauro e storia nelle tecniche all'Università di Bari-Beni culturali. Studia produzione architettonica del Salento in generale.

   

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